Il culto di San Rocco a Scilla risale al XV e XVI sec. al tempo in cui Scilla intratteneva rapporti commerciali con la città di Venezia, da dove giungevano dipinti, marmi e altri oggetti utilizzati per decorare gli edifici sacri.
Rocco nacque a Montpellier, in Francia, nel 1295 e apparteneva ad una nobile e ricca famiglia; più o meno ventenne perse a breve distanza l’uno dall’altro i genitori e, successivamente a questi eventi, distribuì ai poveri i suoi averi e s’incamminò per voto in pellegrinaggio verso Roma con l’abbigliamento tipico dei pellegrini dell’epoca.
Rocco si incamminò, presumibilmente, da Montpellier a Saint-Gilles, dove imboccò la via Tolosana , strada di pellegrinaggio tra il sud della Francia e il nord Italia, passando per Arles, Tarascon e Aix-en-Provence.
Il tratto successivo in terra italiana coincise con l’epidemia di peste che investì l’area negli anni 1367 e 1368, e Rocco andò a soccorrere i contagiati anziché scappare dai luoghi ammorbati. Il pellegrino francese era già entrato in contatto con l’epidemia da giovane a Montpellier, poiché la città era stata investita nel 1358 e nel 1361.
Nella tragedia che colpì l’Italia, si faceva strada Rocco che, nonostante la sua figura esile, piccolo di statura, carnagione chiara, mani sottili ed eleganti, capelli biondi e ricci, occhi dolci e una testa piccola, si sentiva ugualmente in grado di affrontare il grave pericolo di un lungo viaggio e dedicarsi alla sua vera vocazione: la carità, senza alcun limite di tempo e spazio.
Dalla Toscana Rocco raggiunse Acquapendente, una delle poche città ricordate unanimemente da tutte le antiche agiografie, non solo come tappa fondamentale e irrinunciabile per qualunque pellegrino medievale diretto a Roma, ma soprattutto in quanto suggestivo luogo del primo, importante episodio della vita di Rocco in terra italiana.
Arrivò nel paese tra il 25 e il 26 luglio del 1367 e un fatto straordinario accompagnò la missione del giovane pellegrino ad Acquapendente: su invito di un angelo, egli benediceva gli appestati con il segno della croce e all’istante li guariva toccandoli con la mano taumaturgica. Così, in breve tempo, l’epidemia si estinse.
Lasciata Acquapendente Rocco abbandonò la strada per la Città Santa per andare a Cesena, dove era in corso un’epidemia di peste, quindi riprese il suo percorso, sempre sulla via Francigena, da Arezzo, Orvieto, Bolsena, Viterbo, Sutri, arrivando a Roma.
Giunto a Roma, sempre nel periodo compreso tra il 1367 e il 1368, vi rimase tre anni curando gli ammalati all’Ospedale di Santo Spirito. Nella città eterna curò anche, fino a ottenerne la guarigione, un cardinale non meglio individuato che lo presentò in udienza al pontefice, che rimase ammirato da quel giovane.
Dopo il pellegrinaggio Rocco sacrificò la propria vita per soccorrere i malati colpiti dall’epidemia di peste nera proveniente dall’Asia.
Nel ‘500 la popolazione di Scilla rivolse le proprie preghiere a San Rocco durante la grave epidemia di peste che colpì l’area di Reggio Calabria e Messina. Scilla venne risparmiata dall’epidemia e l’episodio rafforzò la devozione della popolazione per il Santo.
Il culto e la devozione degli Scillesi per San Rocco è ancora oggi vivida e ben radicata e ogni anno la festa in onore al santo patrono di Scilla si svolge il fine settimana successivo al 16 Agosto, giorno in cui si commemora il santo.
I festeggiamenti iniziano il venerdì con una breve processione della statua piccola di San Rocco, detta “San Roccheddu”, che viene esposta nella cappella nei pressi della Villa Comunale.
Il sabato e la domenica la statua grande del santo viene portata in processione attraverso tutto il paese seguita dai fedeli, passando per i quartieri di Chianalea, Marina Grande e San Giorgio.
La processione della domenica si conclude in Piazza San Rocco con il tradizionale “trionfino”, uno spettacolo pirotecnico unico nel suo genere, durante il quale la statua del Santo viene trasportata dai portatori in corsa sotto una cascata di fuochi d’artificio.